Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XIX – 19 marzo 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Un
terzo delle partorienti durante la pandemia ha sofferto di depressione
post-partum. Uno studio
dell’Università del Michigan ha accertato che un terzo delle donne che sono
diventate madri durante il primo periodo della pandemia da SARS-CoV-2 si è
ammalata di depressione post- partum: una percentuale che negli USA è il
triplo di quella rilevata ordinariamente. Una su cinque, ossia il 20%,
presentava sintomi di depressione maggiore. Il rischio si è rivelato più
alto per le madri che avevano avuto il bambino in incubatrice o avevano dovuto
far ricorso all’alimentazione artificiale [Laura Bailey, University of
Michigan, paper will appear
in BMC Research Notes, 2022].
Anche
forme lievi di COVID-19 riducono il volume cerebrale e alterano la cognizione. La maggior parte delle nostre conoscenze sui danni
al sistema nervoso centrale da SARS-CoV-2 viene da studi su casi gravi, spesso
mortali, della COVID-19. Ora, un nuovo studio condotto da un team diretto
da Stephen M. Smith dell’Università di Oxford, ha indagato per la prima volta l’impatto
sul cervello di forme lievi dell’infezione, quelle che non comportano
ospedalizzazione o che addirittura decorrono con pochi sintomi. I ricercatori
hanno studiato variazioni parametriche e alterazioni cerebrali in 785
partecipanti, inclusi nella UK Biobank, di età compresa
tra 51 e 81 anni, sottoposti a scansioni in risonanza magnetica nucleare (RMN)
per due volte, e comprendenti 401 casi positivi a SARS-CoV-2 tra le due serie
di scansioni, con 141 giorni di media separanti la diagnosi dalla seconda serie
di immagini, e 384 individui sani fungenti da controllo.
Smith e
colleghi hanno rilevato questi effetti longitudinali sul cervello dovuti a una
forma di COVID-19 lieve: 1) maggiore riduzione dello spessore della materia
grigia nella corteccia orbito-frontale e nel giro paraippocampico; 2)
cambiamenti significativi nei marker di danno tessutale in regioni
funzionalmente connesse con la corteccia olfattiva primaria; 3) riduzione
complessiva delle dimensioni del cervello.
I partecipanti
che erano stati positivi al coronavirus, rispetto a quelli di controllo rimasti
indenni, presentavano un maggiore declino cognitivo medio tra le due
valutazioni.
Questi risultati,
che prevalentemente riguardano le immagini del cervello limbico, possono essere
un contrassegno in vivo di una diffusione degenerativa della malattia
attraverso le vie olfattive, di eventi neuroinfiammatori
o di perdita di input sensoriale dovuto ad anosmia.
Se questo
impatto deleterio sul cervello anche di infezioni lievi da SARS-CoV-2 possa ridursi
nel tempo per recupero fisiologico, permanere stabile o peggiorare, si potrà
sapere solo con i follow-up di questi volontari negli anni futuri. [Gwenaëlle Douaud., et al., Nature – AOP doi:
10.1038/s41586-022-04569-5, 2022].
Più
alto rischio di sviluppare nuove malattie del cervello con anamnesi neurologica
o psichiatrica positive. Una
nozione clinica nota da molto tempo a psichiatri e neurologi, ossia che la positività
anamnestica per malattie neurologiche o psichiatriche accresce la probabilità
di sviluppare altri disturbi interessanti il cervello, non necessariamente
collegati ai precedenti, è stata confermata da uno studio dell’Università di
Waterloo, che costituisce la più grande ricognizione epidemiologica, per dimensione
del campione e durata dello studio, mai condotta nell’Ontario. Significativo il
rapporto con la demenza: la possibilità di svilupparla in età avanzata è
notevolmente maggiore nelle persone che hanno sofferto di disturbi psichiatrici;
chi è affetto da malattia di Parkinson ha una probabilità di 4 volte maggiore
della media di diventare demente. [Cfr. Colleen
Maxwell et al., Age and Ageing 51 (2): afab277, 2022].
Una
parola dal nostro presidente sulla nascita della ragione presso gli
antichi Greci. La metis platonica,
ossia la misura per eccellenza, è considerata la cifra distintiva del
pensiero dei Greci, la più efficace metonimia per rappresentare un intero mondo
di percorsi di conoscenza e di approdi differenti, di una ricchezza e di una varietà
che non ha uguali nella storia, e continua a costituire un tesoro di valori cui
attingere per ogni cultura che la riscopre. La misura greca è modello,
in quanto esempio e prototipo per l’uso della ragione, e si
situa, a mio avviso, nel mezzo tra i valori a fondamento del senso e il
fine ultimo e ideale dell’armonia. La metis è il punto di arrivo
di pratiche speculative ed esperienze di vita sviluppate per secoli su fondamenta
di ragione, e costituisce 1) una base affidabile, in quanto si esercita
sull’origine percettiva dei concetti e sulla coerenza interna dell’odos,
ossia la dinamica mentale che realizza la logica; e 2) una base irrinunciabile,
perché struttura portante del pensiero occidentale che da Platone e Aristotele giunge
fino a Kant ed Hegel.
Ma quali sono
stati i processi mentali che hanno condotto alla nascita della ragione?
Se ci
limitassimo a seguire gli storici della filosofia, non potremmo fare altro che
esplorare nell’ordine cronologico le genealogie di pensiero, ma in tal modo
rimarremmo nei contenuti del “pensato” senza speranza di potervi guardare
attraverso per conoscerne l’origine, e dunque in senso proprio dia-gnosticare ciò che accadeva nella mente dei pensatori.
Se accettiamo, invece, l’impiego di strumenti che furono una stimolante novità
nella seconda metà del Novecento, possiamo provare a riconoscere degli
orizzonti mentali – in un certo senso psicologici – dietro i programmi speculativi
coscientemente seguiti dai filosofi, e cercare di comprendere, almeno in parte,
da cosa abbia avuto origine l’approdo mentale che ha guidato nella storia, e
guida ancora ai nostri giorni, le arti, le scienze, le tecniche e buona parte
dei rapporti umani.
Uno di questi
strumenti è stato per me il saggio di Eric Dodds, I Greci e l’irrazionale,
che ha proposto per la prima volta questa affascinante prospettiva: la civiltà
greca nel suo complesso emerge dalla lotta mai vinta con l’incommensurabile.
L’esigenza di
far entrare nella mente la realtà non determinabile, non dominabile e difficilmente
definibile della phusis o physis,
ossia della natura, ha impegnato i protagonisti di quella straordinaria
civiltà nel costruire concetti parziali di sue parti misurabili, di sue razioni,
cioè di oggetti che potessero essere concepiti attraverso astrazioni categoriali
dei requisiti percettivi, consentendo di ricondurre la loro natura, come quella
dei fenomeni cui prendono parte, a un senso. In questi sforzi di
comprensione, sicuramente gli approcci, i modi, le tecniche e le prassi per ricondurre
a misura l’incommensurabile rivestono la massima importanza, ma è da tutto
l’insieme del procedere mentale atto a rendere comprensibile e comunicabile questo
lavoro di conoscenza che nascerebbe quel quadro d’uso delle risorse cognitive,
divenuto oggi abito noetico della maggioranza del genere umano, cui si dà il
nome di ragione. [Giuseppe Perrella, BM&L-Italia, marzo 2022].
Notule
BM&L-19 marzo 2022
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